IL SACRO QUORUM

Non molto tempo fa, mi è tornato tra le mani per caso un racconto scritto in qualche vita precedente
È la storia di questo ragazzino che eredita dal nonno una collezione di santini e lui lì in mezzo ci mette una figurina speciale, scambiata con gli amici, ci mette Diego Armando Maradona.
Cosa che ovviamente fa incazzare tutti i santi e martiri, che litigano, lo vogliono cacciare e alla fine si trovano a fare un referendum per decidere se tenere o meno Dieguito tra di loro.
Ammetto che ho riso molto rileggendola, ho riso di me soprattutto, delle idee che mi giravano nella testa, della mia testa, ho riso.
La metto qui e no, anche se mi vergogno, non la edito.
Credo che debba restare ingenua e mal scritta come i miei sogni di allora.

Io non sono una da elogi funebri delle celebrità, ma Diego per me non è una celebrità, Diego è la mia adolescenza, è Alessandro prima di tutto, è gli amici del Buco e le telefonate notturne, gli scherzi e le scritte sui muri, oltre che uno dei miei film preferiti sempre, Diego è una fotografia di quando ero felice e lo sapevo.
Quindi, buon viaggio, Santa Maradona.
Che sei mano di dio, piede d’oro, ma soprattutto tanto cuore azzurro.

IL SACRO QUORUM

 

C’è stato un gran trambusto qui, oggi.
Appena aperti gli occhi dopo il sonnellino pomeridiano, ho sentito le urla di Cecilia interrompere il silenzio.
«Un intruso! Un intruso!» Strillava come una scalmanata.
Il buon Paolo scrollava la testa (che ha perso da un pezzo), come un ebete, mentre Pietro cercava di rassicurare tutti, con il suo solito zelo.
«State tranquilli, ci deve essere stato un errore. Vedrete che adesso si sistemerà tutto. Abbiate fede»
Lucia aveva gli occhi fuori dalle orbite e piangeva sulla spalla di Adriano, come una fontana.

C’era qualcosa che non riuscivo a capire, per cui mi sono avvicinato a Pietro, che è un po’ il portinaio della situazione.
«Mbhè? Che sta succedendo?»
«Ma come, non l’hai saputo?» mi ha detto spalancando le narici dall’agitazione «quel diavolo del piccolo Lorenzo ha separato i gemelli!»
«Ma chi, Gervasio e Protasio?»
«Sì! Per l’amor del cielo! Ha preso Protasio e l’ha scambiato per un calciatore con un suo compagno di scuola, manco fossimo figurine!»

Lì per lì mi scappava da ridere, mi sono sempre sembrati due zoticoni quei due. 

«Povero Protasio! Chissà che fine farà nelle mani di un ragazzetto scellerato!» è intervenuto Eustachio «Non oso immaginare quali torture dovrà subire!»
«Beh» ho detto io «ma sono bambini suvvia! Poi ne abbiamo passate così tante, tutti quanti qui, che non potrà comunque andargli peggio di quanto ha già patito e…»
«Lorenzo» mi ha interrotto Timoteo «smettila di difendere sempre quel ragazzino solo perché si chiama come te! Ha fatto una cosa tremenda. Se ci fosse ancora il vecchio Giuseppe, che ci ha collezionati per anni con cura, non sarebbe mai successo»
«Certo, certo. Ma sai com’è, il caro Giuseppe è salito nell’alto dei cieli con nostro Signore, per cui il suo nipotino ci ha ereditati. E mi sembra cosa buona e giusta. Tutto sommato non me la sento di dire che ci tratta male. Ci ha messi in un album, ci ha divisi per categorie, lapidati con lapidati, vergini con vergini, sbranati con sbranati, e via così, ci guarda tutte le sere e ci racconta le sue giornate. Non tutti i ragazzini di dieci anni lo farebbero, sai? Io non mi lamenterei».
«No, ma tu non capisci! Sì è fatto prendere da questa smania che hanno oggi quelli della sua età: figurine, calciatori… Vedrai che piano piano ci eliminerà tutti, come il povero Protasio, Dio lo protegga, e finiremo nel peccato»
«Senti, Timoteo, mi sembra che tu stia proprio esagerando! In fondo cosa sarà mai, ci ha solo portato un nuovo amico. E Protasio conoscerà anche lui nuovi amici, magari li convincerà a sacrificarsi per nostro Signore e»
«No, no, Lorenzo, mi sa che tu sulla graticola hai bruciato anche il cervello. Ma hai capito chi ci ha portato? Un tizio che corre dietro a un pallone, e vive di sesso e droga!»
«… e poi, appena mi ha vista, mi ha fatto l’occhiolino e ha detto: hola guapa!» è intervenuta stridula Maria Goretti «irriverente che non è altro. Gliele faccio mangiare io queste parole impure, che so ben difendermi»

Al che non mi trattenevo più dal ridere. Nella schiera delle vergini, lei è proprio quella che del mondo non ha visto un bel niente, sempre chiusa in casa a pregare e pulire, fino ai dodici anni quando lo zio l’ha fatta fuori.

«Io non so cosa significhi» ho mentito «però andiamo almeno a conoscerlo, questo nuovo personaggio, prima di giudicare».
Sono seguiti un po’ di mormorii, poi Pietro ha preso in mano il controllo della situazione.
«Venite con me» ha proclamato coraggioso.
Sebastiano, Vincenzo e Gennaro gli hanno fatto coda, le donne, curiose, si sono aggiunte dietro, e così anche Fruttuoso, Giuliano, Basilio e tutti gli altri.
Ho fatto cenno a Timoteo ed Eustachio, che si sono aggregati al gruppo, anche se indispettiti.
Ancora prima di arrivare, si sentivano le risate incontenibili di Gervasio.
«Questo ragazzo è una potenza!» ha esclamato «mi sta insegnando delle parole buffissime. Lo sapevate, ad esempio, che burro vuol dire asino?»
E si rotolava nel prato della sua immaginetta, come impazzito. 
Sembrava che Protasio non gli mancasse poi così tanto.

«Ehm… e allora guapa cosa significa» ha chiesto allora Maria Goretti timida.
«Guapa vuol dire bella come il sole, signorina» è intervenuto il nuovo arrivato.
Maria si è fatta rossa rossa e si è nascosta nella gonna di Apollonia.
«Lasciate che mi presenti» ha continuato lui «sono Diego Armando Maradona, detto El Pibe de Oro. Avrete sicuramente sentito parlare di me».
Ci siamo azzittiti tutti, rossi di imbarazzo.
«Ma io veramente, sa» ha detto Timoteo «di calcio…»
«Non abbiamo neanche la tivù qui dentro» ha aggiunto, in supporto, Isaia.
«Ahi, ma no, no es posible! Sono il calciatore migliore di tutti i tempi! Entonces, dovete per forza aver sentito parlare di me almeno una volta».
«Io! Io ti conosco» ha rivelato Gennaro saltellando «tu hai portato il mio Napoli alla gloria. Che emozione Dieguito, averti qui»
«Eh eh, ya sì, soy yo» passandosi la mano tra i riccioli neri. 
Ho sentito le fanciulle dietro di me sospirare e sussurrarsi nell’orecchio.
«Per me è un onore essere aquí. Ma tu che hai fatto»   rivolgendosi a Sebastiano «che hai tutte quelle frecce conficcate nel pecho?»
«Ah, è una lunga storia» gli ha risposto altezzoso «sai, qui abbiamo tutti un passato glorioso e di sofferenza».
«Avevo intuito, de verdad. Io anche sapete, ho sofferto molto in questi anni…» 
«Oooh! Che ti è successo?» ha chiesto Agnese mielosa.
«Beh, sapete sono nato in una famiglia muy povera, in Argentina. Ho encominciato a giocare a fútbol che tenevo dieci anni, ero muy fabuloso. Ho avivado il Napoli, mi sono fatto quattro mondiali, poi con los USA ’94 mi hanno espulso. Sono stato exiliado dal mundo del calcio por mas tempo, dicevano che ero recocido di cocaina e poi»
«Coca che?» ha chiesto qualcuno che non ho identificato.
«Nada nada, es una bagatela… Después, mi sono depresso, sono diventato gordissimo e ho buttato via un sacco de dinero. Ma l’amor de la gente mi ha salvado. Fanno t-shirt con la mia faccia, e poster, scrivono libri sopra de mi, mi hanno dedicato uno estadio e, mira! a Napoli mi hanno costruito además un altarino».

A questo punto il vociare alle mie spalle stava diventando incontenibile.
È saltata su Giovanna d’Arco, incendiata di rabbia.
«E questo ti sembra un motivo di gloria? Rubare le fantasie popolari per le tue crisi esistenziali? Guarda che tutti noi qui abbiamo rimesso la vita per una grande causa, con sofferenze atroci e torture di ogni tipo! Lo vedi Sinforiano lì in fondo? Ecco, lui è stato torturato con le catene e la spada per difendere la fede cristiana. E mentre lo portavano alla morte, la madre lo incoraggiava dalla finestra. Oppure Giuliano, quello con il mantello rosso, lo vedi? Beh lui invece lo hanno chiuso in un sacco pieno zeppo di serpenti e l’hanno buttato in mare. Per non parlare di Eufemia, che è stata data in pasto alle belve da Diocleziano. E ho una storia dolorosa per ognuno di noi! Tu, caro bel fusto, cosa hai fatto invece, oltre che rimpinzarti di soldi, donne e droghe?».

È calato un silenzio pieno di scariche elettriche.
Eustachio e Timoteo hanno ricominciato a borbottare tra loro, come vecchi al tavolo del bar la domenica pomeriggio.
Barbara si è avvicinata a Giovanna e le ha fatto un cenno di approvazione con la mano, con un codice tutto da donne.
Desiderio e Felice guardavano in aria, non sapendo che posizione prendere.
Gervasio, invece, aveva un’espressione colpevole, come se avesse appena fatto la festa di compleanno al diavolo senza accorgersene.
«Non puoi stare qui» ha dichiarato alla fine Sebastiano «questo non è il tuo posto».

I bisbigli sono diventati voce, poi urla, alla fine schiamazzi.
«Sì te ne devi andare» ha caricato Simeone.

Non ci ho visto più.

«Ma state impazzendo?» ho urlato «Qui ci stiamo dimenticando una delle regole fondamentali: agli occhi di Dio siamo tutti uguali, ricordate? O siete così abituati a sberluccicare da secoli nelle vostre iconcine dorate che vi siete fritti il cervello? Non ho mai visto dei santi meno misericordiosi di voi».
«Diamoci una calmata tutti quanti» è intervenuto Clemente «stiamo perdendo la traveggola». 
«Certo, Diego non è un santo, ma è un uomo, come lo siamo tutti noi». 
«Però ha preso il posto di Protasio» insisteva Severo.
«Non l’ha scelto lui. Il piccolo Lorenzo ha deciso così, e non è colpa di nessuno».
«Ma poi, scusate, non è neanche morto ancora, come si fa, dove lo mettiamo?»
«Beh, chi può dire che non morirà tra qualche anno, torturato per qualche buona causa? Abbiamo veggenti tra noi?».

I mormorii stavano diventando sempre più insistenti.

«Io ho un’idea» ho detto «facciamo così: mettiamola ai voti.  Chi di voi ha intenzione di parlare con la propria coscienza e vuole che Diego rimanga, faccia brillare l’aureola. Chi vuole che se ne vada, la tenga spenta».
«Una specie di referendum, dici?» 
«Sì, qualcosa del genere. Una decisione democratica. I Sì accendono, i No spengono. Non mi sembra difficile».

Un velo di moralità ha saturato l’aria. Lo Spirito Santo, credo.

Poi una a una hanno incominciato ad accendersi le aureole, nessuna esclusa, brillando come stelle in una notte d’agosto.
Ho fatto un sorriso soddisfatto.
«Bene Diego, direi che hai ottenuto il quorum. Benvenuto tra noi!».
«Sì però…» fa ancora Sebastiano «almeno qualcosa che riguardi Dio devi averla per stare qui…»

«Potrei essere Santa Maradona, che dices?»

Le aureole si sono spente, di botto.
«Non esageriamo adesso, mica puoi autonominarti santo, diamine!»
«Lo so io, lo so io!» saltella di nuovo Gennaro, che è il più ferrato in materia «Lo dicono tutti, lui è la Mano de Dios! È stato aiutato da Dio a segnare il gol contro l’Inghilterra nei Mondiali Messico ’86, ti ricordi Thomas? E così l’Argentina è diventata campione del mondo».

L’arcivescovo inglese ha cambiando il colore della faccia ricordando l’episodio. 
«Mmm… sì, devo confermare unfortunately…»

«Allora è fatta!»

Hanno seguito un paio di gridolini compiaciuti.
Poi, di nuovo, il cielo di ferragosto si è acceso sulle nostre teste. 

Tutti sì, meno uno.

 

 

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Esercitazioni di mutismo acrobatico.
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